DIMISSIONI DI DRAGHI E DEBOLEZZA DELLE DEMOCRAZIE

Bruno Musso -Genova 18.7.22

Le dimissioni di Draghi fanno paura e sottolineano l’irresponsabilità del nostro corpo politico che nonostante il continuare dell’emergenza, rivendica la gestione del potere parassitario. Non esistono vere ragioni e, in questo drammatico momento, le scelte in corso appaiono un vero suicidio.

Potremmo liquidarlo come l’ennesimo caso di incapacità politica a cui siamo già abituati, ma invece la situazione è più grave perché le vere motivazioni non originano dalla politica italiana ma evidenziano la fragilità delle nostre democrazie quando devono fronteggiano crisi internazionali. Parlando della guerra in Ucraina avevamo rilevato che le democrazie, nonostante la crisi istituzionale, continuavano a reggere più del previsto grazie alla parte produttiva capitalistica che permetteva quel maggior livello tecnologico frutto di casualità e intelligenza che solo la libertà politica poteva garantire.

Avevamo già ipotizzato una grande fragilità di fronte a un attacco dall’interno; le possibili dimissioni di Draghi confermano le nostre peggiori paure. Attualmente, senza entrare in merito sulle colpe pregresse, esiste in Europa uno scontro democrazia/dittatura che determinerà le forze delle parti e condizionerà il futuro ordine mondiale. La Ue, oltre ai vincoli democratici, sconta la difficoltà di costruire una politica unitaria al di sopra degli interessi dei singoli Stati. Draghi, specie in questo ultimo periodo, è stato il punto di riferimento di una possibile coerenza europea ed ha contribuito a compattare l’eterogeneo gruppo dei paesi europei verso una scelta di responsabilità.

Contrastare un’aggressione e sempre molto impopolare perché l’aggressore dopo i primi successi tende ad offrire un accordo che confermi lo statu quo e offra il tempo necessario a consolidarsi e riprendere con più forza l’azione. Nella seconda guerra mondiale è stato il carisma di Churchill che ha permesso, pur con la prevalente contrarietà del Parlamento inglese, di rifiutare le proposte di Hitler, finalizzate a guadagnare il tempo necessario per il successivo attacco.

Non accettare le proposte dell’aggressore impone però un drammatico costo presente per sperare nella salvezza futura; logica non consona alla politica. L’Inghilterra allora ha pagato il costo di una guerra con Londra bombardata, ma si è salvata e ha salvato l’Europa. Oggi Putin fortunatamente non è Hitler e finora i nostri costi sono più limitati, ma non trascurabili: crisi energetica, alimentare ed economica. Quello che fa paura alla classe politica.

In questa situazione un signor nessuno, chiamato Conte, insignificante, senza tradizione politica né partito può far saltare il meccanismo che difende le democrazie. Se comprare Conte costa 1 certamente a Putin rende 100; non parlo ovviamente di corruzione perché considero questo aspetto marginale ed esterno alla mia analisi, ma di meccanismi perversi di selezione e incentivazione capaci di rompere qualsiasi equilibrio. Tutto e tutti infatti hanno un prezzo che può essere pagato in notorietà, potere, ruolo politico ed economico, vantaggi generali (il gas disponibile a basso prezzo), ecc.

Nell’accettare questo ruolo distruttivo né lui né chi lo sostiene si rendono conto di cosa fanno né delle sue drammatiche conseguenze; possono anzi, quasi in buona fede, credere che i vantaggi personali derivino dall’aver capito con anticipo ciò che sfuggiva agli altri. La situazione politico/economica è infatti pesantissima e la critica legittima; le conseguenze negative si vedranno nel medio periodo e nessuno ne risulterà responsabile.

Le residue democrazie possono essere viste come le città medievali assediate solidamente difese dalle mura che nel nostro caso sono rappresentate dalla superiorità tecnologica; se tutti i cittadini sono liberi di aprire le porte, svaniscono le possibilità di resistere e sopravvivere. Questo certo non sfuggiva a Draghi, quando ha constatato che non c’era la maggioranza; difficilmente potrà cambiare idea perché la maggioranza è in parte gestita altrove proprio dalle quelle forze che Draghi in difesa dell’Italia e della Ue cerca di contrastare.  Il nemico in casa. Un’ennesima dimostrazione che solo identificando un più avanzato meccanismo di partecipazione democratica è possibile evitare il baratro. Questo lede però troppi interessi consolidati e nessuno vuole affrontare il problema; l’incoscienza generale legittima la speranza e l’illusione che il presente equilibrio, pur precario, possa reggere.

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